Con l’inaugurazione nel 1969 della A24 che collega Roma a L’Aquila si rompe il tradizionale (e mitizzato) isolamento dell’Abruzzo. È una data simbolica che viene spesso utilizzata per indicare l’avvio dei processi di modernizzazione in Abruzzo.

Ma cosa significa “modernizzazione” per quella che sarebbe poi diventata “regione dei parchi”? E quali sono state le politiche attraverso le quali si è guidata questa modernizzazione, se lo si è fatto? E, infine, che ruolo hanno giocato le sinistre – e segnatamente il PCI – che negli anni Settanta hanno conosciuto un impetuoso successo elettorale nella regione?

Per rispondere a tutte queste domande, e a tante altre, la Fondazione Abruzzo Riforme avvia un progetto di studio che si snoderà nei prossimi mesi. E che inizia il 14 giugno con un primo seminario di studio e discussione che coinvolgerà studiosi e testimoni.

Il seminario e il progetto sono coordinati da Pasquale Iuso e Fabrizio Masciangioli, che li introducono così:

L’Abruzzo è stato per lunghi anni considerato ultima regione del nord o prima regione del sud. Già in questo tradizionale approccio storiografico e narrativo si può leggere non solo e non tanto il ruolo “cerniera” che ha assunto per decenni il territorio e la sua storia, ma anche come quello stesso territorio e le tante storie che lo hanno percorso e si sono sedimentate hanno partecipato ad un significativo e storicamente rilevante processo di modernizzazione forse “ritardata” ma anche “anticipatoria” rispetto ad alcuni temi divenuti poi centrali nel dibattito politico nazionale.

Il concetto di modernizzazione fa riferimento, come è noto, a quell’insieme di processi di trasformazione economica, sociale e politica attraverso cui vengono a modificarsi in modo sostanziale intere società o loro specifici segmenti, superando le impostazioni tradizionali, aggiornando le tecniche produttive, aumentando il livello medio di sviluppo e l’efficienza economica. È evidente – tuttavia – come questo concetto possa risultare troppo generale o vago se non viene agganciato ad un contesto nazionale o, come nel nostro caso, regionale. Un contesto che non può non tener conto anche delle caratteristiche geografiche e costitutive che lo hanno caratterizzato e disegnato nel corso dei secoli.

È necessario, quindi, tenere ben presenti su quali precondizioni strutturali si inserisce un fenomeno così vasto e, soprattutto, quali sfere specifiche della contemporaneità coinvolge.  L’industrializzazione (con il corrispondente esodo dalle zone interne e dalle campagne che alimenta i flussi migratori interni ed internazionali), l’urbanizzazione e la costruzione di nuove infrastrutture di comunicazione e trasporto, le scelte ambientali così come le politiche regionali tese alla difesa del territorio, implicano rilevanti mutamenti sul piano sociale, politico e culturale, ancor più se l’intero processo di rinnovamento e trasformazione va ad incidere su una società legata alle tradizioni e ad una visione sostanzialmente immodificabile del contesto circostante. Fenomeni che producono sia un modello di società differenziato in classi che a sua volta determina nuove forme di integrazione sociale, sia un allargamento dei diritti e della partecipazione alla politica ed all’amministrazione locale.