Due province per la monarchia e due per la repubblica.
Chieti e L’Aquila che votano per il mantenimento della monarchia, rispettivamente con il 62,43 e il 53,28 per cento. E Pescara e Teramo che scelgono la repubblica, la prima con il 56,52 per cento e la seconda con il 52,10.
Questo è il quadro all’indomani del referendum istituzionale del 2 giugno 1946: un Abruzzo diviso in due. Anche se – e lo si capisce già dalle percentuali – la monarchia ha più voti della repubblica: quasi quarantamila in termini assoluti.
Eppure, nonostante, la divisione netta, ogni tentativo di spiegazione binaria apparirebbe semplicistico: Lanciano, per esempio, vota compattamente per la monarchia, nonostante si sia rivoltata contro i nazisti. E Ortona invece, che pure era stata semidistrutta durante la guerra per essere liberata, è invece a favore della repubblica con oltre il 60% dei voti.
Del resto, anche l’interpretazione della distribuzione nazionale del voto lascia ampi margini d’ambiguità: è chiaro che c’è una concentrazione del voto per la repubblica al Centro-Nord, dove si è combattuto, e una dominanza della monarchia a Sud, in quelle aree dove c’è stata continuità istituzionale. La Resistenza, infatti, è stata anche un grande “laboratorio” politico, dove si ragionava e si sperimentavano concetti di cui una generazione intera era ignara: libertà e democrazia. Ma, se si va a vedere caso per caso, il quadro appare meno chiaro ed emergono con forza altri fattori come, ad esempio, il radicamento delle tradizioni politiche precedenti al fascismo.
La libertà è in un segno di matita
Dove non è possibile nessuna ambiguità, invece, è il significato che il voto assume per gli italiani. È davvero il sigillo del ritorno alla libertà: la possibilità di dire ad alta voce quello che si pensa, dopo decenni in cui anche solo sussurrarlo poteva costare caro.
Come si legge in un diario, nei giorni intensi e convulsi della campagna elettorale, quando le città e i paesi appariva trasformati dai manifesti, la popolazione partecipa intensamente perché
sente che è un dovere.
E però fare previsioni appare difficile: l’incertezza è grande. Ancora le pagine di un diario:
Previsioni… È molto difficile farne: in genere si avverte che la Monarchia non può restare se non ha una maggioranza notevole. È possibile ciò? Il popolo giudicherà l’istituzione ovvero le persone?
La situazione internazionale, quella interna, le prospettive dell’avvenire certo volgono piuttosto ad una soluzione nuova che ad una tradizionale.
Tuttavia vi hanno elementi di incertezza dovuti alle tendenze prevalenti nell’Italia Meridionale: qui, nel popolo, il Re rappresenta ancora una garanzia, un aiuto, una grande tradizione.
In ogni modo al di sopra di questa questione vi è quella della necessità di evitare una frattura profonda nel paese. Questo comprendono tutti e questa comprensione mi fa essere meno pessimista
Biglietti d’amore per il futuro
E poi ci sono le donne, per cui cambia davvero tutto.
Anna Garofalo ha usato un’espressione bellissima per descriverle in fila davanti ai seggi: stringevamo le schede come biglietti d’amore.
Lunghissima attesa davanti ai seggi elettorali. – ha scritto – Sembra di essere tornate alle code per l’acqua, per i generi razionati. Abbiamo tutti nel petto un vuoto da giorni d’esame, ripassiamo mentalmente la lezione: quel simbolo, quel segno, una crocetta accanto a quel nome. Stringiamo le schede come biglietti d’amore. Si vedono molti sgabelli pieghevoli infilati al braccio di donne timorose di stancarsi e molte tasche gonfie per il pacchetto della colazione. Le conversazioni che nascono tra uomini e donne hanno un tono diverso, alla pari
Anna Garofalo non era una politica, una delle 21 madri della Repubblica che siederanno nell’Assemblea Costituente, ma una giornalista che in quei giorni stava realizzando un programma radiofonico che dava voce alle donne: si chiamava Parole di una donna ed era anch’esso il segno di una libertà nuova. Simbolicamente, una delle prime ospiti fu Rita Montagnana, Presidente della Unione Donne Italiane, proprio per rivendicare il diritto delle donne a partecipare al voto.
La stessa Garofalo ha ricordato a questo proposito:
Si parla del voto alla donna con sempre maggiore insistenza e naturalmente riscappa fuori il discorso della sua immaturità politica, tanto più grave – si dice – in regime di suffragio universale. A fare queste obiezioni non sono tanto gli uomini dell’Italia liberale che morì con il fascismo e che, comunque, avevano partecipato alla lotta politica, si erano fatte le ossa in un regime parlamentare, ma gli altri, quelli che uomini divennero durante la dittatura e che della democrazia ignorano tutto e non sanno nemmeno muoversi in un clima di libertà.
Come notava con acume, chi si opponeva ad una piena democrazia erano proprio quegli uomini che non l’avevano mai conosciuta.
E quella democrazia ricominciò a nascere con una scelta piena e consapevole, diritto e dovere allo stesso tempo: quel piccolo segno di matita che festeggiamo ancora oggi.
Le pagine citate sono tratte dai diari dell’archivio diaristico nazionale, ai seguenti link:
https://www.eletteedeletti.it/estratti/a-pochi-giorni-dal-voto/
https://www.eletteedeletti.it/eventi/elezioni-1946/
Le parole di Anna Garofalo sono tratte da L’italiana in Italia, Bari, Laterza 1956
Per vedere tutti i risultati del referendum istituzionale, puoi usare il sito di Eligendo: