Anche in Abruzzo, negli anni precedenti il congresso di Livorno, all’interno del Psi è presente la frazione comunista; la riunione di Firenze, come ricordato, si svolge a casa di Trozzi, un abruzzese. Nel 1918 i comunisti presenti nel Psi inviano una lettera a tutte le sezioni del partito per invitare i compagni a costituire la frazione rivoluzionaria. Nel 1920 questa frazione è presente in 37 sezioni delle 109 esistenti. Prima del congresso nazionale, nel dicembre 1920, i comunisti si riuniscono a Sulmona per definire la piattaforma programmatica da presentare ai congressi di federazione in preparazione di quello di Livorno; in quella sede, inoltre, nominano i responsabili regionale e provinciali della frazione.
Nell'autunno 1920, nei congressi delle federazioni del Psi abruzzese - che si svolgono in preparazione di quello nazionale - si ha una numerosa presenza di comunisti che preannunciano la loro adesione al nuovo partito che si prevede nascerà al 17º congresso.
Al congresso di Livorno, in rappresentanza della frazione comunista abruzzese, partecipano, tra gli altri, Smeraldo Presutti, Piero Ventura e Secondino Tranquilli, quest’ultimo in rappresentanza della federazione giovanile; Tranquilli, in un brevissimo intervento al congresso, così si esprime: «La gioventù socialista italiana chiede ai rappresentanti comunisti di bruciare qui il fantoccio dell’unità».
I dirigenti comunisti abruzzesi, appena dopo la nascita del nuovo partito, si mettono al lavoro per dare vita a una struttura organizzata: indicano sedi e riferimenti provvisori per le tre province - presso Mario Cavarocchi a L’Aquila, Torquato Carestia a Chieti, Smeraldo Presutti a Città Sant’Angelo per Teramo - e fissano la data del 21 marzo come termine ultimo per costituire, attraverso i congressi, le federazioni provinciali.
L’8 febbraio 1921 a Ortona a Mare si svolse il congresso della provincia di Chieti. Erano presenti i rappresentanti delle 7 sezioni esistenti in provincia. Venne eletto segretario l’avvocato Torquato Carestia. I principali dirigenti erano: Nicola Silvestri, detto Trivilino, Manin Tucci, Giuseppe Di Marcantonio, Luigi Cirelli, Nello Pellicciotta, Eugenio Pagliaro.
Il 9 febbraio 1921 si svolse il congresso di L’Aquila con la presenza dei rappresentanti di 24 sezioni; la relazione fu tenuta da Cavarocchi, per il partito nazionale era presente Nicola Bombacci e si costituì la federazione. Venne eletto segretario Mario Chiulli. Oltre a Cavarocchi e a Chiulli i maggiori esponenti erano Piero Ventura, Ugo Sansone e Giuseppe Attardi.
A dirigere la federazione di Teramo gli esponenti più importanti erano: Smeraldo Presutti, Adolfo Lalli, Nicola Ercolani, Prono Di Marcantonio, Pasquale Mercante, Vincenzo Adamoli, Zaccaria Narcisi e altri. La carica di segretario era ricoperta da Smeraldo Presutti.
I centri dove, in questi primi anni, il partito aveva una maggiore rappresentanza erano: L’Aquila, Popoli, Bussi, Sulmona, Avezzano per la provincia di L’Aquila; Teramo, Giulianova, Montorio al Vomano, Città Sant’Angelo, Castellammare per quella di Teramo; Chieti, Atessa, Pescara, Tollo, Carpineto Sinello, Bomba per la provincia di Chieti.
Dopo la nascita del partito i dirigenti delle tre federazioni si impegnarono per conquistare adesioni alla nuova formazione. Vi fu un dibattito acceso e appassionato tra i dirigenti dei due partiti di sinistra, da una parte i dirigenti del Psi si battevano per trattenere i loro iscritti e non farli aderire al nuovo partito e, dall’altra, quelli del Pcd’I erano impegnati a cercare di fare proseliti e reclutare iscritti tra i militanti del Psi. I dirigenti comunisti in questo periodo lavoravano per affermare l’identità del nuovo partito e per conquistare iscritti e consensi nell’area della sinistra. Nel Pcd’I entrarono soprattutto i giovani e gli esponenti più attivi e politicamente intraprendenti e più orientati a sinistra presenti nel Psi. Nonostante questa competizione, gli esponenti dei due partiti e in generale quelli di tutta la sinistra, parteciparono in modo unitario alle iniziative del primo maggio, in molti comizi furono presenti oratori rappresentanti dei socialisti, dei comunisti, degli anarchici e in qualche caso anche dei repubblicani.
In questi primi mesi del 1921 gli iscritti in regione erano circa 400, la maggiore presenza si registrava a L’Aquila; 62, pochi, erano gli iscritti in provincia di Chieti.
Solo qualche mese dopo la costituzione del partito, a metà maggio, si svolsero le elezioni politiche. Il partito partecipa con una sua lista che aveva come contrassegno il simbolo della Rivoluzione sovietica: “falce e martello e spiga di grano”. Capolista era Mario Cavarocchi, tra gli altri erano candidati Giuseppe Attardi, Torquato Carestia, Damiano Presutti, Smeraldo Presutti ed Ermes Moretti.
Durante la campagna elettorale i fascisti, protetti e armati dalle forze dell’ordine borghese, furono lasciati liberi di compiere violenze e soprusi contro gli esponenti e le sedi della sinistra. Le strutture burocratiche dello Stato borghese e le violenze fasciste impedirono di fatto ai partiti della sinistra di svolgere la campagna elettorale. I funzionari pubblici, appellandosi a cavilli giuridici, vietavano i comizi e facevano sequestrare giornali e materiale di propaganda; i fascisti, dal canto loro, incendiavano le sedi di partito e bastonavano gli esponenti politici della sinistra con il consenso e la protezione delle forze dell’ordine. Si ebbero decine di scontri che avvenivano sotto gli occhi dei carabinieri i quali intervenivano solo per arrestare gli esponenti della sinistra; le violenze fasciste, invece, erano tollerate e, a volte, favorite e agevolate.
La lista del Partito Comunista d’Italia ottenne 3229 voti, dei quali 1622 in provincia di Teramo, 1123 e 513 rispettivamente in quelle di L’Aquila e di Chieti. Il successo di Teramo è da attribuire alla presenza in lista del sindacalista Moretti che aveva molti rapporti con il mondo del lavoro. Nessun candidato del Partito fu eletto perché la lista non raggiunse il quorum che era di 7000 voti.
Nonostante le violenze e i soprusi dei fascisti e dell’apparato dello Stato borghese, la sinistra - Psi e Pcd’I - riconfermò la forza elettorale (il 16% circa) delle elezioni precedenti (quelle del 1919) e i socialisti rielessero i loro tre deputati. Il risultato fu, comunque, inferiore rispetto a quello delle amministrative dell’autunno precedente.
Durante l’estate e l’autunno del 1921 i comunisti erano impegnati nella lotta per la risoluzione dei problemi dei lavoratori e nella diffusione di informazioni sulla politica del partito; continuamente dovevano difendersi dalle violenze: nell’ultima decade di luglio i fascisti, a Teramo, bastonarono il segretario della Camera del Lavoro, Ermes Moretti e nel settembre, a Cologna, ripeterono la stessa violenza su Smeraldo Presutti; scontri si ebbero anche in provincia di L’Aquila.
A fine 1921 il Partito Comunista d’Italia è presente soprattutto nei centri urbani regionali - anche se non in tutti - ed è quasi assente nelle aree rurali; era organizzato in due federazioni: quella di L’Aquila (segretario Chiulli) e quella di Chieti-Teramo (segretario Smeraldo Presutti). Gli iscritti erano 413 di cui 223 a L’Aquila, 128 a Teramo, 62 a Chieti.
Nel gennaio del 1922 si svolgono i congressi delle federazioni in preparazione del secondo congresso nazionale che si terrà a Roma nel marzo successivo. Questo è il congresso in cui si imposta la piattaforma programmatica del partito, nel primo si era soltanto decisa la sua nascita. È un congresso, questo di Roma, la cui tesi più importante è quella relativa alla strategia, alla tattica e alla natura del partito. Le tesi vengono pubblicate nei primi mesi dell’anno e nei congressi federali la discussione verte soprattutto su di esse ma si discute anche dei problemi di riassetto del partito e di quelli regionali dei lavoratori.
Al congresso della federazione di L’Aquila - che si tiene a Raiano - vengono eletti come componenti del comitato federale: Giuseppe Attardi, Mario Chiulli, Piero Ventura, Piero Galli, Emilio Presutti, Antonio De Angelis. Piero Ventura è il delegato al congresso nazionale. Al congresso interprovinciale di Chieti-Teramo Smeraldo Presutti, Adolfo Lalli, Zaccaria Narcisi, Nicola Silvestri, Torquato Carestia, Ettore Solipica, Vincenzo Pellanera sono eletti componenti del comitato federale. Smeraldo Presutti è il delegato al congresso nazionale.
Prima del congresso, sulle pagine del periodico L’Ordine Nuovo, si svolge un interessante confronto tra Smeraldo Presutti e il segretario nazionale del partito, Amedeo Bordiga, sui temi riguardanti la tattica e la strategia. Presutti contesta la concezione del partito chiuso e dogmatico di Bordiga e si batte per un partito aperto che si impegni sui problemi concreti dei lavoratori; quello proposto da Presutti è il partito che si affermerà nella sua pienezza con il terzo congresso, quello di Lione del gennaio 1926.
A metà marzo del 1922 rinasce anche Abruzzo Rosso, non più come periodico del Psi ma come organo del Partito Comunista d’Italia dell’Abruzzo. Su questo settimanale per circa sette-otto mesi - fino all’autunno dello stesso anno, quando il fascismo, ormai al potere, lo costringe alla chiusura -, si svolge un dibattito tra i comunisti della regione. Abruzzo Rosso è in qualche modo l’organo attraverso il quale, da un lato, si informano i compagni sulle politiche del partito e si cerca di allargare la base degli iscritti e, dall’altro, si permette ai compagni di base di discutere dei problemi delle loro realtà e, ai dirigenti, di proporre iniziative per la loro soluzione. Il direttore è Ettore Croce, uno degli esponenti storici della sinistra abruzzese e non solo. Le due principali anime del settimanale sono rappresentate da Piero Ventura, il direttore di fatto il quale esprime l’anima bordighiana e da Smeraldo Presutti il quale, pur essendo bordighiano, porta avanti una visione diversa del partito rispetto a quella del segretario nazionale, come già si è detto.
Il primo maggio del 1922 in molti centri della regione si svolsero manifestazioni unitarie; queste furono contrastate dall’apparato burocratico e poliziesco dello Stato e dai fascisti protetti, armati e finanziati dalla borghesia, soprattutto da quella agraria.
Nell’estate del 1922 i dirigenti del Partito Comunista d’Italia danno vita a molte iniziative politiche, molto attivo è Smeraldo Presutti il quale, come segretario della federazione di Chieti-Teramo, in questi mesi promuove molti incontri che si svolgono nei centri della fascia costiera. Attivi sono anche i comunisti di L’Aquila che curano la pubblicazione di Abruzzo Rosso.
Vi sono continui scontri con i fascisti, scontri si hanno soprattutto durante lo sciopero generale dei primi giorni dell’agosto 1922 proclamato dall’Alleanza del Lavoro. A questo sciopero partecipano soprattutto gli operai e i ferrovieri di Castellammare, Giulianova, Teramo, Sulmona e i nuclei di operai di Popoli e Bussi. In questi due ultimi centri in questa occasione si ebbero violenti scontri tra comunisti e fascisti. I comunisti organizzarono squadre per respingere gli attacchi fascisti. A seguito degli scontri furono arrestati solo i comunisti di quelle realtà.
Alla fine dell’agosto del 1922 i fascisti giunsero in forze da Castellammare, da Pescara e da Ancona per prendere d’assalto Giulianova, allora amministrata dalla sinistra; qualche tempo dopo giungevano a Campli, comune, anch’esso, amministrato dalla sinistra. Le forze di polizia, sia a Giulianova che a Campli, collaborarono con i fascisti i quali perseguitavano i comunisti, bruciavano le strutture della sinistra - cooperative e camere del lavoro - e le case dei comunisti e cacciavano dai Comuni le amministrazioni di sinistra.
Dopo che la borghesia e il re decisero di consegnare lo Stato ai fascisti, l’azione repressiva contro la sinistra e i suoi esponenti si accentuò. Il Pcd’I dovette entrare in semiclandestinità. Il partito si diede un’organizzazione piramidale con un Centro a Milano guidato da Togliatti e cinque aree interregionali con propri responsabili, ai quali facevano riferimento i segretari di federazione. L’Abruzzo faceva parte dell’area numero quattro insieme alla Toscana, all’Umbria e al Lazio, il responsabile era Mario Montagnana. Tra le conseguenze dovute all’accentuata repressione, si ebbero la chiusura di Abruzzo Rosso e la diminuzione del numero degli iscritti: nel settembre 1922 questo era di circa 300.
Nell’ottobre-novembre 1922, a Mosca, si svolse il quarto congresso dell’Internazionale Comunista; alla delegazione italiana partecipava Smeraldo Presutti, in rappresentanza della minoranza.
Nei primi mesi del 1923, pochi mesi dopo la presa del potere, il fascismo mostrò il suo volto reazionario: in tutta Italia molti comunisti, con vari pretesti, furono arrestati, incarcerati, processati e, dopo molti mesi di detenzione, assolti per non aver commesso i fatti dei quali erano stati accusati. Sorte non diversa toccò ai dirigenti nazionali: fu arrestato anche il segretario Amedeo Bordiga.
Di ritorno dall’Unione Sovietica Presutti - il quale aveva portato con sé alcuni documenti riguardanti il congresso - incontrò nella sua abitazione a Città Sant’Angelo alcuni compagni che volevano essere informati sull’esperienza socialista di quel lontano Paese.
I fascisti, la polizia e i carabinieri presero a pretesto questi incontri e alcuni documenti sequestratigli per arrestare Presutti e, con lui, anche Raffaele (Lino) Leone e altri comunisti della provincia di Teramo. In Abruzzo, oltre a quelli teramani, furono arrestati e processati anche i comunisti di L’Aquila: Ventura, Attardi, Chiulli, Sansone e altri; arresti si ebbero in altre realtà della regione. Il partito abruzzese veniva così decapitato dalla feroce repressione del regime fascista. Dopo questi arresti il partito abruzzese era quasi scomparso, i rapporti con il Centro di Milano erano molto rari, il numero degli iscritti a fine anno 1923 si era più che dimezzato: si contavano 120 iscritti circa, di cui 46 della federazione di L’Aquila e 74 di quella di Chieti-Teramo.
Nella metà di aprile del 1924 si svolsero le elezioni politiche con la cosiddetta “legge Acerbo”. Il Partito Comunista d’Italia abruzzese in questo periodo era molto debole; ciononostante era riuscito a formare la lista per partecipare alla competizione elettorale e aveva raccolto un numero sufficiente di firme per presentarla ma la Corte d’Appello, appellandosi a cavilli burocratici, non solo respinse la lista, ma ne perseguì penalmente i presentatori.
La competizione elettorale si svolse in un clima di violenze e di sopraffazioni, perpetrate dalle forze dell’ordine borghese e dalle organizzazioni fasciste, clima che rendeva impossibile la libertà di voto. Sul quotidiano del partito, l’Unità, in una corrispondenza da Castellammare si legge: «A compiere l’opera plebiscitaria sono stati convertiti oltre 800 voti delle varie liste di opposizione in voti della lista nazionale per scopi evidentemente patriottici» e sempre sullo stesso quotidiano si ha notizia di tante altre violenze e imbrogli operati dai fascisti in altre realtà regionali. Ernesto Zanni racconta che in queste elezioni le violenze, le prepotenze, le persecuzioni fasciste e i brogli erano stati innumerevoli, si era giunti perfino a far presidiare dai militi fascisti le cabine di voto per costringere “i noti socialisti e comunisti” a votare a scheda aperta. A queste violenze si unisce, continua Zanni, la scandalosa tolleranza delle autorità di Pubblica Sicurezza. L’onorevole Giacomo Matteotti – il quale denunciò queste violenze e questi abusi - venne assassinato dai fascisti su ordine, diretto o indiretto, del capo del Governo.
Nei primi mesi dopo il delitto Matteotti il governo fascista è in difficoltà e le forze di opposizione che riprendono forza, la manifestano attraverso molte iniziative politiche; anche i comunisti riorganizzano le loro fila, rieleggono gli organismi direttivi delle federazioni e riprendono una certa attività politica. Nell’autunno del 1924 nella fascia costiera tornano a operare due federazioni, quella di Teramo e quella di Chieti. Si registra, inoltre, un aumento del numero degli iscritti.
Dopo l’elezione a deputato, Gramsci torna in Italia e inizia un intenso lavoro per trasformare il partito e per farlo uscire dalle secche in cui l’aveva portato Bordiga. Anche in Abruzzo si ha un rinnovamento della classe dirigente: da quella bordighiana si passa, almeno a livello di classe dirigente, a quella gramsciana. La classe dirigente arrestata nel 1923, negli anni ‘24-‘25 cede il passo a una nuova classe dirigente. Come dirigenti provinciali si affermano, per citare due esempi, Ercole Vincenzo Orsini a Teramo e Pietro Benedetti a Chieti. Sono loro che in quel momento e negli anni successivi dirigono il partito; sono loro che lottano a livello locale per dare vita al partito gramsciano; sono loro che mantengono rapporti con il Centro interno ed estero - quando questi si costituiranno - durante i lunghi anni della clandestinità e dell’oppressione fascista.
La ripresa dell’attività del Partito Comunista d’Italia dopo il delitto Matteotti continua anche nel 1925, in stretta clandestinità. Alla fine di quell’anno si svolgono i congressi in preparazione di quello nazionale che si terrà in terra straniera, a Lione, nel gennaio del 1926. Quello di Lione è il vero congresso fondativo del Partito Comunista d’Italia perché è lì che si delineano le coordinate sulle quali si muoverà il partito anche nei decenni del secondo dopoguerra. Con Lione si supera il partito di Bordiga e si afferma quello di Gramsci il quale pensava a un partito diverso già quando era in Unione Sovietica e quando indicava ne l’Unità il titolo per il quotidiano del partito. Quando torna in Italia, Gramsci lavora intensamente per due anni per attuare questa trasformazione.
Egli parte da una critica radicale alla concezione che Bordiga aveva del partito, a quel partito settario, estremista, astensionista, attesista, basato unicamente sulla propaganda e sul dogmatismo ideologico. Gramsci lavora per un partito immerso nella società, presente in tutti i luoghi di lavoro, tra gli operai, i contadini e gli intellettuali; un partito impegnato a risolvere i problemi dei lavoratori che si presentano qui ed ora - come dirà, nel secondo dopoguerra, Togliatti -; un partito che lavora per creare una situazione rivoluzionaria; un partito che faceva politica e che si metteva alla testa dei lavoratori per condurli alla lotta per la soluzione dei problemi e per far acquisire loro, nel fuoco della lotta, la coscienza di classe; un partito in cui si potesse costituire un’alleanza tra operai e contadini; un partito che doveva essere il soggetto politico protagonista della rivoluzione.
I congressi provinciali del 1925 per la preparazione di quello nazionale sono chiamati a esprimersi su tre mozioni: quella di “destra”, quella “centrale” di Gramsci, quella di “sinistra” di Bordiga. Lo scontro che avveniva solo tra quella di “sinistra” di Bordiga e quella “centrale” di Gramsci, verteva, quindi, sulla concezione del partito e sulla funzione di questo; di conseguenza, sulle diverse proposte politiche che ne derivavano.
Il congresso della federazione di Teramo si svolse in forma clandestina a casa di Vincenzo Adamoli il 22 dicembre 1925. Dei 135 iscritti parteciparono al congresso solo in 35: 27 votarono per la mozione di Gramsci, due per quella di Bordiga e sei si astennero. Ercole Vincenzo Orsini era il dirigente più importante della federazione. Il congresso di L’Aquila si svolse il giorno di Natale. Al momento del congresso il numero degli iscritti era 212. Anche a L’Aquila prevalse la mozione di Gramsci con 89 voti (il 42%); 39 voti (il 18%) andarono a quella di Bordiga; 84 erano gli assenti. Segretario fu eletto Ettore Madrucciani. Al congresso della federazione di Chieti la mozione di Gramsci ottenne 157 voti su 158 iscritti. Pietro Benedetti fu rieletto Segretario.
Sia a Teramo che a L’Aquila la maggioranza degli iscritti era bordighiana ma in entrambi i congressi vinse la mozione di Gramsci o perché i bordighiani non parteciparono (come, ad esempio, a Teramo) o perché alcuni di loro non votarono per la mozione di Bordiga (come, ad esempio, a L’Aquila). A Chieti la maggioranza era gramsciana.
Come emerge dai dati, alla fine del 1925 il partito si era ripreso e aveva raggiunto un numero di iscritti maggiore di quello degli anni precedenti. Alla fine del 1925 il Partito contava 635 iscritti, di cui 505 adulti e 130 giovani.
Qualche considerazione.
A Lione non nasce un nuovo partito, ma un partito nuovo. In questo 3° congresso, da un lato, si riconfermano le ragioni di Livorno e, dall’altro, si affermano una nuova concezione del partito e un suo nuovo modo di rapportarsi alle altre forze politiche e alla società nelle sue diverse articolazioni.
Furono necessari cinque anni (gennaio 1921 - gennaio 1926) per arrivare a un partito con una sua struttura e una sua linea politica e per l’affermazione di una nuova classe dirigente che sarà quella che parteciperà anche alla lotta di Resistenza.
Tra i dirigenti del Partito Comunista d’Italia abruzzese che ebbero un rilievo regionale in questi primi cinque anni di vita del partito si segnalano: Mario Cavarocchi, Piero Ventura, Giuseppe Attardi, Ettore Madrucciani, Ugo Sansone, Ernesto Zanni, Ercole Vincenzo Orsini, Pietro Benedetti, Smeraldo Presutti. Quest’ultimo nel 1922 ebbe anche un ruolo nazionale.
I dirigenti e i militanti del Pcd’I di quegli anni sono soprattutto artigiani (la classe operaia dell’epoca), dipendenti pubblici, liberi professionisti, operai delle poche realtà industriali - Popoli e Bussi - e i ferrovieri di Castellammare, Sulmona, Giulianova e Teramo. Non scelgono di essere comunisti per le loro condizioni economico-sociali ma per ragioni ideali e valoriali e per migliorare le condizioni di vita della società nel suo complesso.
I dirigenti del Partito Comunista d’Italia sono, per l’epoca in cui vivono, colti e, soprattutto, hanno tutti una gran sete di apprendere, di istruirsi e di conoscere le lingue straniere. Essi vogliono conoscere il mondo e per questo, quando possono, viaggiano. I dirigenti comunisti con la loro attività e le loro iniziative costituiscono un elemento di dinamicizzazione e di sprovincializzazione delle realtà in cui operano.
I dirigenti e i militanti comunisti sono animati da forti ideali, da alti valori, da ferrea volontà e da grande tenacia nel condurre la lotta per realizzare il mondo in cui credono. Essi trovano la forza per resistere alle persecuzioni alle quali sono sottoposti dal regime, per lottare e per promuovere iniziative politiche nell’obiettivo da loro perseguito: realizzare un mondo diverso da quello capitalistico. Era la profonda convinzione di poter costruire una società in cui vi fossero libertà e eguaglianza ad animarli, a portali a sacrificare le condizioni di vita proprie e dei propri famigliari e a condurli a opporsi al fascismo con tenacia e determinazione.
Senza idee forti e pensieri lunghi - come sosteneva Enrico Berlinguer -, senza grandi narrazioni, senza orizzonti ambiziosi, senza la convinzione che si possa realizzare una società in cui l’uomo possa esprimere la sua umanità, non si può pensare di ottenere il consenso di vaste masse di popolazione e di portarle alla lotta per combattere le ingiustizie e per affermare l’eguaglianza e la libertà.